Noi tutti siamo destinati a compiere la nostra missione – il nostro dharma : se non è così, qualche vecchio pensiero sta remando contro di noi ed è tempo di liberarlo.
di Shraddha Giulia Calligaro
“Se tu ti tieni con volontà dinamica a un certo pensiero, alla fine diventa realtà” – Paramhansa Yogananda
C’è un luogo qui sui colli di Assisi, vicino alla casetta di legno dove mi sono trasferita a vivere, in cui pare battere solo il tempo presente. Una vista speciale, abbracciata completamente dal cielo e dalla natura, in cui cerco di andare ogni giorno al tramonto, di farne il mio grembo per la meditazione della sera. Arrivo con le spalle cariche dalla giornata, con pensieri ossessivi attorno a cui la mente continua a girare e li consegno a quel senso di vastità. Lì non ho alcun dubbio che la vita si prenda cura della vita, e che noi siamo al limite solo un intralcio alle leggi universali che da sole fanno ciò che deve essere fatto. Respiro un grande senso di fiducia e di affidamento che alleggerisce tutte le domande di cui ancora non ho risposta.
Ma questo non è lo stato su cui più frequentemente siamo sintonizzati. E tutto ciò che ci accade spesso lo strizziamo tra le ansie del futuro e le paure rimaste incastrate dal passato. In questo modo non lasciamo libera la vita di manifestare i doni che ha per noi, e in questo modo complichiamo il tragitto naturale che la nostra anima è venuta a compiere in Terra.
C’è un racconto di tradizione vedica molto significativo in questo senso. Si narra di un villaggio in cui si abbatte una violentissima tempesta. Tutti gli abitanti scappano e cercano di mettere al riparo i loro averi. Uno tra loro si trovava in quel momento a camminare nella foresta. Temendo di essere spazzato via dalla forza del vento, si tiene ad un grande albero. La tempesta passa, ognuno cerca di riavviare la vita, di aggiustare i danni avuti, e ripartire. Ma si accorgono della mancanza dell’uomo, e si mettono a cercarlo. Lo trova un ragazzo camminando nella foresta, ancora aggrappato al tronco del grosso albero. “Aiutatemi” – dice lui, “L’albero non mi lascia andare”.
Così siamo noi, aggrappati ai vecchi alberi che ci hanno salvato nelle esperienze passate, e che non abbiamo saputo lasciar andare nel presente. In passato, in questa o in altre vite, abbiamo elaborato delle strategie di sopravvivenza per far fronte a delle ferite o a dei dolori, e non ci siamo neppure accorti che questi pensieri diventavano un po’ alla volta dei veri “solchi” di cui siamo rimasti prigionieri.
Nel precedente articolo (Il tuo vero bene è anche il bene del mondo | Joy Times), parlavo del Dharma come del nostro destino naturale, allo stesso modo di come un seme è destinato a diventare un certo fiore. Se questa fioritura non sta accadendo, vuol dire che qualche pensiero profondo sta remando contro, perché ogni pensiero influenza la mente e crea una vibrazione che ha effetti sulla tua intera vita. I nostri pensieri, infatti, parlano direttamente all’universo. Così, se tu consciamente desideri qualcosa, ma un pensiero inconscio blocca quell’adempimento, non ci sarà successo.
Ricordo una mia allieva di yoga e coachee che mi diceva che avrebbe voluto più di tutto avere una relazione felice per crescere insieme a qualcuno, ma non riusciva a incontrare un compagno. Lavorando un po’ sui solchi e sui suoi bisogni del passato, è venuto fuori che nella sua prima relazione aveva sofferto così tanto che dentro di lei agiva il pensiero inconscio: “voglio evitare di soffrire ancora”. E questo può accadere per ogni obiettivo che non sta arrivando: un pensiero inconscio lo sta sabotando. E ricordiamo che allinearci con il nostro Dharma è invece fondamentale, perché è in questa luce personale che possiamo illuminare anche il mondo.
Questi pensieri passati in forma di energia creano infatti dei Samskara molto potenti, su cui bisogna lavorare con volontà per ritornare alla libertà. In particolare, tra questi ce ne sarà uno che è la radice di tutti gli altri, certamente karmico, che viene nella vita come un’ombra della nostra anima, o Vasana, e che abbiamo il compito di sciogliere: perché il nostro Dharma in genere si compie proprio nella stessa area in cui dobbiamo liberare questa grossa radice di karma.
La prima cosa è diventare consapevoli di questi pensieri di cui siamo ostaggio (e ne parleremo in un prossimo articolo). La consapevolezza è già metà della guarigione. E a questo punto ci sono vari modi per affrontarli. Yogananda ha tramandato tra le tecniche di guarigione il lavoro sui solchi attraverso la meditazione e le affermazioni. Ma se affrontare direttamente questa energia può essere troppo da soli, si può lavorare per piccoli passi, formulando degli impegni, come tappe intermedie verso il proprio Dharma. Questi passi si chiamano Sankalpa: ovvero “la regola” (impegno) che in questo momento urge di più di uscire dal tuo cuore.
Il Sankalpa è un impegno che formuli con una frase, possibilmente positiva e al presente, e che prendi con te stesso per realizzarlo entro i successivi 8 – 16 mesi. Deve essere una cosa che non deve metterti dubbi, quindi dentro l’ambito della realtà credibile, ma della realtà grande spirituale naturalmente, non quella limitata dalla mente. Puoi ripeterlo dopo la meditazione o dopo il rilassamento, quando appunto sei oltre la mente. Ricorda: non è un desiderio, è un proposito per il quale devi usare puntualità e volontà.
Qui alcuni consigli per formulare il tuo Sankalpa:
- Fai una breve meditazione. Con la concentrazione nell’occhio spirituale connettiti con la tua intuizione e chiediti quale area della tua vita ha bisogno ora di procedere per farti camminare verso il tuo Dharma.
- Racchiudi in una parola quello che hai sentito, e scrivilo in un foglio, facendo intorno un cerchio. E ora inizia a fare mind-mapping, facendo partire da questo centro tante linee, e su ognuna scrivi una possibile azione riguardo questa area. Scegli poi l’azione che ti fa “cantare” il cuore.
- Scrivi un breve paragrafo dove ti vedi avendo già compiuto il proposito contenuto nell’azione scelta.
- Tira fuori da questa scena una frase che senti che ha il potere di farti muovere ogni giorno verso quel passo. Ad esempio, se hai visto che il tuo Dharma richiede ora una sede, scrivi qualcosa tipo: “Trovo la sede perfetta per l’attività (x)”, oppure unisci anche le emozioni: “Sono felice perché ho trovato la sede perfetta per l’attività (x)”. Se invece lavori sul tuo potere personale per iniziare un’attività che richiede una formazione: “Ho iniziato il corso (x) e sono molto soddisfatto delle abilità che acquisisco per l’attività (y)”. E così via.
Ricorda: il Sankalpa deve essere specifico, misurabile (non: sarò felice, ma sono felice facendo cosa?), non deve farti dubitare, deve essere scritto in un linguaggio vicino a te. Sei pronto ora a portarlo nelle tue giornate finché non sarà realizzato?
Qui anche una pratica di Yoga Nidra, che ti porta oltre la mente, nel finale puoi usare anziché l’immagine di cui parlo il tuo Sankalpa e lo ripeti con convinzione 3 volte, in questo caso crealo come un vero antidoto al solco o al dolore che vuoi sciogliere.
Buona pratica!