Tre semplici regole yogiche per rendere pieno ogni giorno

La meta del sentiero yogico può sembrare lontana, vista dalla nostra vita quotidiana occidentale. Yogananda ci aiuta dandoci tre semplici indicazioni che, in modo certo, un po’ alla volta ci faranno avanzare verso la meta, portando luce anche intorno a noi.

di Amrita Elena Cantarutti

Yogananda disse che c’erano tre cose che non ha mai trascurato di fare nella vita:

  1. Fare gli Esercizi di ricarica.
  2. Meditare
  3. Aiutare gli altri.

Possiamo anche noi trasformare la nostra vita mettendo al primo posto questi tre principi? Possiamo cercare di capire di che principi si tratta, intanto.

Fare gli Esercizi di ricarica significa tenere alta la nostra energia, infatti con bassa energia possiamo stare sul divano a fare zapping aspettando che qualcuno ci porti da mangiare, oppure ci sforziamo, trascinandoci fino ad ammalarci. Una bassa energia non ci basta né per meditare né per aiutare gli altri. Fare gli Esercizi di ricarica significa diventare piano piano coscienti che viviamo grazie ad un’Energia che non è nostra ma che possiamo fare nostra, volendo; un’Energia che pervade tutto ed esiste a prescindere dalla nostra esistenza, e possiamo attirarla in noi, volendo; che quell’Energia non ricarica solo il nostro corpo ma nutre i nostri pensieri portandoli ad un livello superiore di mente sana, aperta, espansiva. Sempre volendo. L’energia segue la volontà. Praticare gli Esercizi di ricarica con volontà, ricordandoci che è il Prana cosmico a fare il lavoro e non i nostri muscoli, ci aiuta ad essere più luminosi. Un’alta energia fa di noi degli esseri di luce.

Il secondo principio è la base del sentiero del Raja Yoga e del Kriya Yoga. Meditare significa cercare Dio nel silenzio interiore con il desiderio di arrivare ad una costante, ininterrotta immersione nella Sua presenza. Meditare per cercare serenità o pace interiore è solo l’inizio, lo scopo della meditazione è entrare in comunione con Dio. Yogananda dice: funziona come la matematica. L’ego ha paura di essere spodestato, ma non deve essere ucciso, deve essere messo a servizio. Possiamo avere delle resistenze, immaginando che se diamo il comando a Dio non potremo più soddisfare i nostri desideri. Ma nessuno che abbia realizzato Dio ha mai desiderato tornare indietro. Dare il comando a lui significa felicità, beatitudine. C’è una storia di Yogananda raccontata da Herb Jeffreis: andò da Yogananda e gli disse che in tutte le chiese dove andava gli proibivano sempre di fare qualcosa. Allora Yogananda gli chiese:

“Ti piace fumare?”.
“Sì, mi piace…”.
“Bene, puoi continuare a farlo. E ti piace bere?”.
“Sì, mi piace…”.
“Bene, puoi continuare a farlo. E ti piace stare con l’altro sesso?”.
“Sì, certo, mi piace…”.
“Bene, puoi continuare a farlo”.
“Vuoi dire che posso venire qui, in questo bel posto, stare con tutti i discepoli, i fratelli, seguire gli insegnamenti, e poi tornare a casa e continuare a fare tutte queste cose?”.
“Sì, certo che puoi, ma non posso prometterti che se tu continuerai a studiare questi insegnamenti tutti questi desideri continueranno a interessarti.”

Il terzo principio è aiutare gli altri. Come? Qui bisogna aver molto tatto. Non essendo Maestri certe cose non ce le possiamo permettere. Aiutare gli altri non significa essere invadenti e pretendere di sapere meglio di loro quello di cui hanno bisogno. Non significa presentarsi convinti di avere la verità in mano. Credo che l’umiltà sia alla base di questo principio. Ama il prossimo tuo come te stesso è un suggerimento che ci può essere molto utile. Per chi non è onnisciente… aiutare gli altri può significare anche soltanto sostenere una persona che soffre affinché possa capire quello che è bene per lei. Vivere in una comunità è un grande aiuto in questa espansione del cuore. Uscire da se stessi e osservare le necessità degli altri è una bella pratica.

Un giorno abbiamo fatto questo esercizio durante una colazione: cercare di essere attenti e consapevoli di quello di cui gli altri avevano bisogno, forse vedi una persona che cerca qualcosa, anticipala e passagliela tu. Sii consapevole di chi ti è vicino (sia fisicamente che nel cuore o nei pensieri) e dagli il tuo sostegno. Forse una persona si sente frustrata in una situazione, incompresa, cerca di essere comprensivo tu e aiutala a sentirsi accolta, a sentirsi una parte di tutto. Usando questa parola, mi viene da pensare a quanto sia importante l’accoglienza. Immagina di essere invitato a dormire a casa di un amico, ma non ha un letto per te, non ha avuto tempo di pensarci, devi dormire per terra. E immagina invece che questo amico ti faccia trovare una stanza pulita, profumata, un pensiero sul comodino, una tazza di tisana calda. Possiamo manifestare questa accoglienza in tutte le situazioni? Aiutare gli altri come pensiamo sia giusto noi, non è aiutare. La differenza la fa riuscire il mettersi in sintonia con le loro necessità, lasciare andare i nostri schemi e preconcetti e ascoltare i bisogni degli altri. Per questo ci vuole alta energia e connessione con il nostro Sé più alto.

Voglio essere pieno di Energia e gioioso, sempre immerso nella beatitudine di Dio e sempre pronto a donare agli altri un po’ di questa beatitudine, affinché anche le loro sofferenze siano alleviate. Grazie Yogananda.

 

 

 

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