Come una piccola tartaruga di mare. Lettera a mia madre, nell’Aldilà

L’anno nuovo come opportunità di fare di una morte una rinascita

di Laura Marinoni

Ti ho sognata. Eri una piccola tartaruga di mare sulla battigia, muovevi le zampette nell’acqua. Tu che amavi tanto il mare. E poi diventavi grande e ti trasformavi in un piccolo drago, poi in un altro animale preistorico e poi… Mi sono svegliata. Sapevo che eri sempre tu. E dentro di me saliva un senso di pace infinita. Così la tartaruga è entrata nella mia vita dall’aldilà. L’aldilà dei sogni, l’unico che a volte ci sembra di ricordare.

Un sogno così breve, potente. Un film di fantascienza.

Sono andata a leggere tutto quello che ho potuto sul significato simbolico della tartaruga e ho scoperto che è il simbolo della Grande Madre e in moltissime culture rappresenta l’immortalità. La tartaruga unisce nella sua forma terra e cielo, invita a rallentare il ritmo, a fluire, a ritornare nel guscio del proprio Sé.

Dunque sei venuta, mamma. Pochi giorni dopo che sei volata via.

Ho iniziato a fare yoga, ora me ne rendo conto, con l’obiettivo di prepararmi al distacco da te. Ma sono cose che non si raccontano a una madre. Forse c’era troppa intimità tra noi per condividere un cammino, per spiegarti il mio bisogno profondo di spiritualità. Forse non ce n’era bisogno.

Mi vedevi partire per Ananda e non capivi perché passassi i miei giorni di vacanza in una comunità spirituale invece di andare a divertirmi altrove con gli amici. Poi mi vedevi tornare e mi dicevi “Questo yoga ti fa bene, sei più bella”. E lo so che eri felice di quel sorriso che per tanti anni non ero riuscita a regalarti. Quel segreto di serenità ti affascinava, ti stupiva.

Lo stupore, forse il più bel dono della pratica. Stupore di poter cambiare, di affinare l’intuizione, la compassione, la costruzione profonda della gioia, di imparare ad amarsi e ad amare senza condizioni. Chi più di te è stato l’esempio di un amore che mi ricordi l’amore di Dio?

No, una mamma non dovrebbe morire. Il mondo si rovescia, il cuore si spacca, il dolore urla. Il senso delle cose si perde senza una madre. E ho provato rabbia, abbandono. Ho visto la morte e la sua falce. Ho sentito il Vuoto.

Ma adesso so che anche questo dolore è sacro. Sacra è la morte come la vita. So che il dolore della tua perdita mi fa affondare nelle mie radici, mi costringe a rinascere. Sento che sei qui in ogni cellula, stai facendo il tuo nido. Ci sei come un Maestro, adesso.

Aldilà. Aldiquà. Sono pronta a sentirti, sono pronta ad agirti.

E a lasciarti andare finalmente, anima stupenda, come estremo atto d’amore. Infinito.

 

 

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