Hope for a better world

Intervista a Kirtani e Anand, direttori spirituali di Ananda Europa: è giunto il momento di praticare davvero l’insegnamento di Yogananda “una vita semplice con ideali elevati”.

di Shraddha Giulia Calligaro

I colori dell’estate intorno a Moksha Kutir, la casa ad Assisi dove ha vissuto Swami Kriyananda e in cui ha lasciato il corpo, sembrano irradiarsi dal centro delle cose, non di esserne la pelle. Ogni pezzo del creato qui è più vivo, più luminoso. Ciascun fiore pare testimoniare meraviglia. Sì, c’è un’energia speciale nei luoghi sacri, quasi fossero già portali che annunciano un Paradiso che ci attende. E proprio sotto la casa dove abitò il fondatore di Ananda vivono Anand e Kirtani, direttori spirituali di Ananda Europa. Dopo il lungo periodo di chiusura, la comunità spirituale nata sugli insegnamenti del grande Maestro indiano Paramhansa Yogananda ha riaperto agli ospiti con un programma di corsi e ispirazioni intitolato “Hope for a better world”, speranza per un mondo nuovo. Fu questa fede in un possibile mondo migliore a portare Kirtani, allora Shirley, e Anand, Mark Stickney, a decidere di vivere in una comunità, varie decine di anni fa. Ricominciamo da qui, riportando un dialogo con loro sul tempo che è stato e sul tempo che verrà.

Come avete incontrato Ananda?

Kirtani (K): Sono cresciuta in una famiglia protestante in California, sicché la dimensione spirituale è stata da sempre parte della mia crescita. Ma non riuscivo a capire perché il Dio della mia religione promettesse la salvezza solo ai cristiani. Dopo un matrimonio finito con dolore, ho sentito la chiamata a trovare la vera vita. Ho preso un anno di aspettativa dall’insegnamento e ho iniziato a viaggiare per il mondo. Un incontro speciale, in Grecia, mi mise in mano Autobiografia di uno Yogi: ho capito che non dovevo più cercare. Ho completato il giro del mondo, inclusa l’India. Al ritorno in Usa, l’insegnante con cui praticavo yoga mi ha detto che c’era una comunità nata sugli insegnamenti di Yogananda. Non ci andai subito, ma la chiamata arrivò presto. Ero a San Francisco in compagnia di un’amico, volevamo andare al lancio di un film, ma non avevamo abbastanza soldi per il biglietto. Un manifesto in una libreria annunciava un discorso che Swami avrebbe tenuto proprio quel giorno in quella città: ci andammo. Parlava della vita in comunità e sentii che era una cosa che riconoscevo profondamente. Nel giugno ’75 andai ad Ananda Village per l’estate, dovevo fermarmi due settimane e non sono più andata via. Lavoravo nell’orto con Shivani, è stato un  tempo bellissimo.

Anand (A): All’inizio seguivo la Self Realization Felloship, ero cresciuto nello stato di Washington, e frequentavo un gruppo di meditazione che si incontrava a Seattle. Così venni in contatto con il libro di Yogananda World crisis, in cui il Maestro si esprimeva sul futuro del mondo. Per circa 15 anni ho vissuto in questo modo, viaggiando anche in California, ad Encinitas. Nel 1977 Swami venne a Seattle a tenere un discorso proprio sul modo in cui stava realizzando il sogno del Maestro di costruire delle comunità di fratellanza. E mi è parso che, rispetto al libro World crisis, questa era la risposta per il tempo futuro. Così ho iniziato a frequentare anche Ananda. In seguito a un problema di salute, mi sono accorto che io desideravo sempre stare al Village. Così nel 1984 mi sono trasferito lì. Subito ho conosciuto Kirtani, e nel 1990 ci siamo sposati. Dopo un po’ Swami Kriyananda ci ha chiesto se volessimo andare a portare energia alla comunità che stava nascendo qui ad Assisi. L’abbiamo fatto.

K: Swami aveva tenuto una conferenza in Scozia nel 1979, e lì aveva sentito che l’Europa era matura per costruire una comunità. Allora ero al suo seguito con il mio secondo marito (l’uomo che mi aveva dato l’Autobiografia in Grecia). Swami sentì che il luogo giusto era l’Italia, per la sua devozione. All’inizio fu a Roma, poi a Como, dove eravamo davvero dei pionieri. Alla fine fu scelta Assisi, per i suoi santi e per l’energia sacra che la impregna. Io dunque già frequentavo l’Italia, prima di separarmi e di ritornare qui con Anand.

Qual era il sogno di Ananda allora? Quale mondo pensava di costruire?

K: Allora non ci muoveva tanto l’idea della costruzione di un porto sicuro dai tempi difficili, ma un bisogno spirituale di anime che richiedevano di vivere secondo questi insegnamenti e di avere un luogo dove condividerli.

A: La comunità è sempre stata un luogo aperto agli ospiti, e l’offerta dei corsi anche sosteneva la comunità. Ma sotto c’era sempre stato il progetto di Swami di compiere in pieno il sogno di Yogananda, di formare delle colonie autosufficienti di fratellanza. Lui diceva che il modo in cui vivevamo era insostenibile.

K: Ma allo stesso tempo Swami ha sempre sottolineato che solo l’obiettivo dell’autosufficienza non era abbastanza: solo con un profondo collante spirituale poteva funzionare.

A: E anche segnalava l’importanza del servizio, di non fare queste comunità solo per noi. Perciò prima Swami disse di focalizzarci sul costruire un ritiro per ospiti, poi ha detto che bisognava conseguire l’autosufficienza. Allora era tutto da costruire e questo ha aiutato a creare un senso di famiglia e di comunità tra noi.

Facciamo un salto nel tempo, e veniamo ai giorni nostri. Arriva la pandemia, il lockdown: all’improvviso il mondo cambia – forse erano i tempi che annunciava il Maestro – come l’ha vissuta Ananda e come è cambiata?

K: All’inizio, pare brutto dirlo, ma poteva sembrare quasi un sogno, potersi ritirare nelle pratiche e andare nel profondo. Ma presto abbiamo capito che questo non era possibile e che fuori c’era proprio bisogno più che mai di agganciare a valori alti quello che stava succedendo: perciò abbiamo raddoppiato il servizio e iniziato a potenziare al massimo tutta la parte online.

A: Ed è iniziato anche un ritorno alla terra: la ricerca della famosa autosufficienza. E come sempre quando ti allinei con qualcosa di dharmico arrivano grandi benedizioni e aiuti. Così il servizio online e il lavoro della terra sono stati due binari paralleli. Per dare un’idea: il secondo lockdown a livello di cibo lo abbiamo quasi completamente sostenuto con il cibo di Terre di luce seminato l’anno prima. L’idea è quella di arrivare a una sempre maggiore autonomia, a livello di case, energia, cibo.

Il mondo ha fretta di ritornare come prima. Ananda riapre annunciando un “mondo migliore”, presumibilmente nuovo. Di che mondo si tratta?

K: Si sa che Yogananda ha parlato sempre di una vita semplice e con ideali elevati. Credo questo sia il tempo per mettere profondamente in pratica questo insegnamento. Non è impossibile abituarsi, lo dico per esperienza. Quando eravamo a Roma, avevamo tutte le comodità. Poi, al ritorno al Village, ho vissuto in una casa su ruote, con il bagno fuori e nessuna comodità: all’inizio mi pareva difficile, dopo poco era diventato normalissimo. E questo si può fare se la mente non si identifica e c’è un superiore proposito spirituale.

A: In questo momento viviamo una grande polarizzazione: su ogni questione nascono divisioni. Invece io ritengo che sia un momento di grandi opportunità, se andiamo oltre queste punture dell’ego. Non si poteva andare avanti come stavamo vivendo. Abbiamo visto come, durante il lockdown, l’aria si fosse pulita e la natura fosse ricca. Il Maestro ha sempre parlato del bisogno di creare un nuovo mondo. Quando era in Usa diceva sempre che il mondo finalizzato al denaro (“All mighty dollar”) non poteva funzionare. E diceva che sarebbero arrivati tempi duri: diceva che prima sarebbero arrivate difficoltà economiche, poi qualcosa di grande a livello globale.

K: “You don’t know the cataclysm coming”, “Tu non sai il cataclisma che arriverà”, erano le sue parole. Anche Swami non sapeva esattamente cosa volesse dire, ma sembrerebbe qualcosa che riguarda il pianeta e il suo equilibrio. E forse gli incendi, i terremoti, le inondazioni che stiamo vedendo sono le crepe che annunciano che questo equilibrio è rotto.

A: Therese di Neumann, che Yogananda diceva essere la santa più alta dell’Autobiografia, ha confermato che l’America sarebbe stata invasa un giorno da disastri naturali. Perciò abbiamo pensato di fare la nostra parte, di fare del nostro meglio per un mondo diverso.

Cosa può fare chi abita lontano da Ananda?

K: Credo che sia della massima importanza in questi mesi che abbiamo riaperto diamo a chi viene delle ancore spirituali. Ad esempio ci sono 5 gruppi di meditazione che si stanno organizzando per condividere della terra e costruire piccole comunità.

A: Bisogna far proliferare il modello delle colonie di fratellanza. Non cose grandi come Ananda, ma anche in cinque persone si può creare una comunità, con sostegno e con una forte radice spirituale. Magari all’inizio creando degli spazi fuori dalle città anche solo per andare nel fine settimana. Cercare se qualcuno ha terre e case in cui iniziare queste attività.

Questo tempo è stata anche un’opportunità per molte persone per iniziare un percorso spirituale?

A: Spesso in un momento di difficoltà si trova la forza di fare un salto nel profondo o in alto. Molti di quelli che arrivano qui, sono arrivati dopo un dolore. Così come Yogananda dice che non ci sono sfide, ma solo opportunità.

K: Questo tempo ha accelerato tutto, quindi chi stava rimandando, ora si è messo sul cammino.

A: Molte persone dopo il lockdown si sono accorte che non vogliono ritornare alla vita di prima. C’è una fuga dalle città. Le persone stanno cercando una vita diversa.

K: E anche per le persone spirituali, e anche della nostra comunità, questo tempo è un’opportunità per mettere davvero in pratica gli insegnamenti. Ad esempio anche nelle polarizzazioni delle opinioni, continuare a praticare la tolleranza e l’ascolto.

Che differenza c’è in un periodo difficile tra chi ha e chi non ha un’ancora spirituale?

A: Per noi questo è stato un grande tempo di crescita, perché abbiamo una direzione. Ma se non hai questo orizzonte, che ti permette di accogliere tutto ciò che ti trasforma verso la verità, allora la paura mette le radici e da lì arriva tanto dolore.

K: E abbiamo continuato a fare satsang, a condividere valori positivi. Porta grandi benedizioni quando puoi pensare di aiutare gli altri e non hai solo paura per te stesso.

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