La testimonianza di una cittadina milanese nei giorni del Coronavirus, attrice ora senza spettacolo, autrice di questo blog, che nel silenzio scopre la vita che pulsa dentro ogni cosa.
di Laura Marinoni
Mi metto a scrivere solo oggi. Fino a ieri confesso non ce la facevo: troppo sgomento, troppa paura per i miei cari lontani o vicini in clausura. Il mio specchio mi restituiva solo l’immagine di un’inaccettabile fragilità, un senso di impotenza, di mancanza di fiducia. Non mi piacevo più.
Forse mai come ora la pratica yogica ci chiede ogni rinuncia all’attaccamento. Siamo aggrappati alle persone e alle cose che riflettono quello che pensiamo di essere. Ci sentiamo spaesati, come sul ciglio di un burrone, senza i nostri ruoli, le nostre abitudini, i nostri risultati garantiti, i nostri spazi aperti. Tutti agli arresti domiciliari.
Che prova enorme!
Poi all’improvviso ascoltare la gente che suona, che canta sui balconi mi ha fatto sentire la potenza di una comunità che attraverso la voce si regala un momento di gioia. Si sa, per cantare ci vuole un cuore libero, allegro. E incomincia una staffetta di anime che hanno più che mai voglia di stringersi, di intuirsi parte di un popolo. L’Italia si ricorda di se stessa come di un corpo solo. Chi poteva immaginarlo?
It’s Joy times.
Intanto nel cielo di Milano volano uccelli che non ho mai visto prima, stamane c’era persino un gabbiano. Cosa penseranno gli uccelli- mi chiedo – “dove sono finiti tutti?” Siamo alla finestra. La sera ci fanno compagnia le luci dei vicini come in una strana favola gotica, di giorno osserviamo le nuvole che scorrono e i passaggi della luce con la sensibilità di un direttore della fotografia, applaudiamo come bambini e ci guardiamo in faccia, tra vicini.
La vecchietta, gli studenti, l’impiegato, l’attrice, il panettiere fanno un gesto comune, di coraggio. Siamo alla finestra e quello che c’è fuori ci sembra bellissimo, perché ci è negato. Quello che sta dentro invece è complicato. Dobbiamo farci i conti. Come detesto i conti!
Allora mi rifugio nel silenzio, ogni asana diventa davvero preghiera adesso. Ogni pensiero chiede luce e guarigione. Ogni telefonata dedica il tempo all’ascolto dell’altro. Ogni faccenda domestica ritrova il sapore di un rito antico. Lavo i piatti senza fretta, ne provo persino un sottile piacere. Sistemo i libri e in ogni volume mi pare di avvertire il lavoro e la costanza degli autori, la visione alta dei poeti; provo riconoscenza per le persone che continuano a vivere dentro i loro oggetti.
Osservo le mie piante con una gratitudine profonda; sono loro adesso che mi regalano felicità con la loro pulsante compagnia. Provo a essere d’aiuto attraverso il web, a immaginare il pubblico come tante singole storie di vita accesa. Provo ad affidarmi alla infinita saggezza, anche se a volte è incomprensibile per noi; provo a essere libera, presente, aperta. Quello che sta accadendo è forse l’inizio di una vera rivoluzione spirituale.
It’s Joy times.
Cara Laura,
felice di apprendere il tuo mutato atteggiamento. Ho letto un’intervista a Repubblica qualche settimana fa in cui dichiaravi eccessivi allarmismi e la non condivisione rispetto alla chiusura dei teatri.
Una buona parte della popolazione, come te, non era favorevole alle restrizioni. Non si è fidata. Non si è fidata dei medici e non ha cambiato atteggiamento fino a quando è stato imposto.
Peccato , perchè FORSE proprio quelle 2/3 settimane avrebbero anticipato la discesa di quel picco di contagi che ora tutti aspettiamo e non avremmo avuto quel brivido lungo la schiena quando noi milanesi stamattina abbiamo letto che i posti in terapia intensiva stanno per finire.
Ripeto forse perchè non abbiamo certezza di nulla.
Noi milanesi vediamo lo stesso cielo alla finestra ma maturiamo pensieri e preoccupazioni diverse.
Se può esserci in questo drammatico momento una possibilità di progresso spirituale credo sia il momento di provare a dedicare i nostri pensieri e preghiere a quelli che si sono ammalati, a quelli che aggiungono questa emergenza a situazioni di già estrema difficoltà di salute, economica..e a quelli che stanno rischiando la loro vita per salvare la nostra.
antonella caprara
Cara Antonella,
non sono un medico e come tutti ho accettato le ordinanze e ho subìto il precipitare di una situazione totalmente inaspettata. All’inizio sembrava paradossale che ci fossero i teatri e i cinema chiusi mentre bar, ristoranti e centri commerciali , per non parlare delle discoteche e dei mezzi pubblici, continuavano la loro solita vita. ( ! )
Perché, ci chiedevamo? Davvero incomprensibile.
E’ stato importante difendere in quel momento una categoria, quella dei lavoratori dello spettacolo e della cultura in genere, che non ha nessun paracadute sociale .
Ho detto quello che sentivo con passione e lo rifarei. Forse addirittura interviste come la mia hanno contribuito alla discussione generale e accelerato le decisioni di chi è preposto a governarci sì, ma anche a fornire un’informazione limpida e corretta.
Come tutti i miei colleghi, sono rimasta a casa, col senso civico che mi hanno insegnato fin da piccola. Le notizie sempre più allarmanti ci hanno travolto giorno dopo giorno: c’è stata grande confusione, ammetterà. Credo che l ‘importante sia avere onestà e resilienza. Cambia il mondo, cambiano le emozioni e i pensieri. Nel mio piccolo mi sforzo di non giudicare nessuno e di avere il coraggio di cambiare idea. I miei pensieri e le mie preghiere vanno costantemente a tutti noi, con amore e gratitudine Un caro saluto
Laura
Cara Laura,
mi risulta che le discoteche siano state chiuse insieme ai teatri e ai cinema . Sulla ritardata chiusura di bar e ristoranti , fortunatamente poi chiusi a breve, immagino chi governa abbia pensato fossero necessari a chi costretto a lavorare ,così come i mezzi pubblici che ancora sono in funzione.
Mai sentito che i diritti economici di una categoria di difendano mettendo a rischio la vita degli altri, le democrazie hanno altri mezzi.
Apprezzo sempre la capacità di cambiare opinione anche se a questo punto è impossibile stabilire chi rimanga a casa per senso civico e chi per paura delle sanzioni o finalmente per paura del virus. Sana paura di cui in questo momento abbiamo bisogno senza farci annientare.
Abusato concetto del “ non giudicare” non va confuso con delle sane analisi , anche critiche, della situazione che stiamo vivendo.
Con tutto il rispetto per le due piante e le sue Astana.
Un caro saluto
Antonella Caprara
Grazie
Lascia un commento