Sonam, il ragazzo che mi ha scelto come padre
di Stefano Carminati
Da anni accarezzavo l’idea di fare seva (servizio) in un orfanotrofio o in un istituto per bambini in difficoltà. Nel 2011 mi si presentò l’occasione perfetta. Condividendo questo mio desiderio con Bettina, una cara amica incontrata ad Ananda Assisi, lei mi disse che insieme a un gruppo di amici da qualche anno stava supportando un istituto a Kathmandu. Sarei partito presto per il Bhutan e Kathmandu sarebbe stata la tappa obbligatoria per poter poi prendere il volo per Paro. Sentii che dietro tutto ciò c’era ancora una volta lo straordinario intervento di Yogananda. Bettina mi mise in contatto con il fondatore della scuola, il quale mi accolse con molta gentilezza, caratteristica che avrei poi trovato in molti nepalesi e tibetani. Gli raccontai cosa avrei potuto fare per i bambini e mi misi a disposizione per tutto quello che fosse stato necessario in quel dato momento alla scuola.
Ridussi i miei giorni in Bhutan ed estesi la mia permanenza a Kathmandu.
Una volta arrivato all’istituto fui sopraffatto dall’amorevole benvenuto dei piccoli ospiti. Visi pieni di gioia, nonostante l’evidente stato di povertà. Mi muovevo tra i numerosissimi mocciosi (letteralmente per il costante moccio al naso) con al seguito un piccolo gruppetto di bimbi che non mi abbandonava mai, Lhakpa Tsering, Sonam Rinchen, Kunsang Tashi, Samdup, Riksang e Sonam Tsering. L’esperienza fu trasformante e tornare al mio lavoro per una rivista di moda a Milano, diventò presto insignificante. I giorni trascorrevano monotoni e opachi, la nostalgia dei momenti con i miei piccoli amici si faceva sempre più forte. Mentre stavo con loro ebbi la possibilità di fare esperienze mai fatte prima. Emerse un grande senso paterno sino a quel tempo a me completamente sconosciuto, compassione ed empatia e un amore incondizionato per ognuno di questi piccoli amici. Fu un profondo scambio d’amore.
L’anno successivo lasciai il mio lavoro e trascorsi molti mesi a Kathmandu come volontario. Ritrovai tutti i bambini ma nel mio fedele gruppetto mancava Sonam Tsering. Sonam era un bambino molto intelligente, pieno di talenti, molto creativo, sapeva disegnare benissimo ed era tra i migliori della sua classe. I suoi amici lo chiamavano Joker per la sua capacità di scherzare e di portare ilarità nel gruppo. Era piccolo ma con una forza e un carisma ineguagliabili. Era impossibile non subire il suo magnetismo. Proveniva dallo Tsum una remota regione himalayana e la madre era morta lasciando Sonam ultimo di altri 9 fratelli e sorelle soli con il padre che purtroppo pare fosse un alcolista che aveva da tempo abbandonato la famiglia. Sonam arrivò alla scuola insieme ad un piccolo gruppetto di bambini tra cui Lhakpa che diventerà di fondamentale importanza in questa breve storia.
Un giorno, il padre di Sonam venne all’istituto e chiese di portare Sonam a una celebrazione buddista in un tempio vicino, ma purtroppo sparì con il piccolo senza lasciare nessuna traccia.Tutti furono molto addolorati e a ogni mio ritorno a Kathmandu non mancavamo mai di rievocare felici ricordi di Sonam guardando sue foto e vecchi video. Non smisi mai di cercarlo e finalmente, un paio di anni dopo ci giunsero voci che il padre lo aveva lasciato in un monastero a Dharamsala. Dharamsala, la casa del Dalai Lama in India e di migliaia di monaci, non certo facile trovare Sonam senza neppure la certezza che sia davvero li.
Gli anni passano, affido immagini varie ad amici in viaggio per Dharamsala ma nessun risultato fino all’estate scorsa, quando finalmente il bravo Lhakpa riconosce nella foto del profilo Facebook di un monaco quello che gli sembra possa essere Sonam a vent’anni. Il nome del profilo è diverso ma Lhakpa è certo, questo ragazzo ha la stessa cicatrice in fronte del nostro amico, ha amici in comune nello stesso villaggio da cui entrambi provengono e soprattutto, lo sguardo furbo è rimasto lo stesso. Lhakpa gli scrive e dopo pochi minuti stanno amabilmente chiacchierando su messanger. Si tratta proprio di Sonam Tsering.
Non si chiedono cosa siano stati questi anni, non sembra far parte della loro cultura chiedere cosa è stato, sono entrambi focalizzati sul presente su quel che stanno facendo, come se tutti questi anni separati non si fossero in realtà succeduti.

Quando mi arriva la video chiamata da Sonam, la mia e la sua gioia sono incontenibili. Pensavo che tutti questi anni avessero sbiadito i ricordi di un bambino ma, seppur il nostro incontro fu breve, si ricordava cose di me e dei nostri giorni insieme molto vividamente.
Da quel giorno ci sono state molte altre video chiamate e numerosi messaggi generalmente sempre molto allegri sereni ma sentivo che aveva bisogno di condividere qualcosa che lo addolorava molto. Gli concessi tutto il tempo di cui aveva bisogno e un giorno mi raccontò tra le lacrime, il dolore provato quando il padre lo portò via dalla scuola di Kathmandu per portarlo fino a quel monastero lontano in India, una scelta in realtà molto saggia di questo padre sbandato, perché riuscire ad ammettere un bambino nel monastero del Dalai Lama non è facile, ma una volta entrato il suo benessere futuro è garantito. Ma a quel tempo Sonam si sentiva molto solo e separato dalla famiglia che aveva trovato negli altri bimbi di Kathmandu.
L’altro grande dolore dopo la morte anche del padre fu la sua condizione di orfano, che Sonam ha vissuto per anni come una situazione di cui vergognarsi. Tutti i suoi confratelli al monastero hanno genitori che periodicamente li vanno a trovare, Sonam ha solo fratelli e sorelle che vivono in un villaggio isolato dell’Himalaya e tra loro, i più fortunati, sono riusciti a migrare in America. Questo senso di abbandono mi confessa, è la cosa che più lo addolora nonostante le sue giornate siano prevalentemente costellate da entusiasmo e passione per i suoi cani, il calcio, il disegno e lo studio. Nelle video chiamate successive mi presenta ai suoi amici più cari e mi rendo conto che, quando mi disse qualche settimana prima che per lui ero come un padre, si riferiva a quel senso di sicurezza che la presenza di un adulto nella propria vita può dare. Qualcuno a cui raccontare il quotidiano e da presentare agli amici, qualcuno che gli dia un senso di appartenenza e che lo faccia sentire amato. Tutto questo non deve necessariamente arrivare da un genitore biologico, l’amore genitoriale evidentemente può avere anche altre forme e sorgenti.
C’incontreremo presto, forse nel sud dell’India a Mundgod, dove il Dalai Lama terrà delle lezioni e conferenze oppure andrò a io fargli visita a Dharamsala ma nel frattempo continueremo a sentirci e a tenerci aggiornati lasciando che il tempo scandisca i nostri giorni e la nostra crescita reciproca per lui in un monastero, dove sembra aver trovato la sua dimensione ideale, e per me in questa ricerca senza sosta di continue esperienze fondate sulla gioia dell’amore.
Caro Stefano…che bella storia d’amore divino…spero di leggere presto il continuo … mi hai riempito di gioia! Om Shanti
Cara Veronica,
grazie e un abbraccio!
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