In questo ultimo periodo abbiamo potuto viaggiare poco, ma abbiamo avuto l’opportunità di vedere sempre più che il vero viaggio è dentro di noi.
di Usha Wilma Zendron
Per varie ragioni, negli anni, non mi sono iscritta ai pellegrinaggi che Ananda organizzava per visitare i sacri luoghi alle pendici dell’Himalaya e incontrare i santi che ancora lì vivono. Ora che non è possibile prevedere quando questi viaggi riprenderanno, mi rammarico di non averne preso parte. Ho però la fortuna di abitare in Italia, ed è perciò possibile visitare luoghi dove hanno abitato molti santi e posso soprattutto andare ad Ananda, sulle colline di Assisi, dove ha vissuto Swami Kriyananda, per immergermi nelle sue vibrazioni elevanti e stare nella compagnia delle anime devote che vi risiedono.
Perché ne sento l’esigenza? Quello che voglio è entrare in contatto col divino, e le vibrazioni spirituali aiutano a staccarsi dalla coscienza ordinaria e a dare l’esperienza, o almeno un tocco, un indizio, di come ci si sente quando si ha una consapevolezza più alta. Maya ci appesantisce e ci lega alle nostre preoccupazioni, alle nostre paure, ai sensi di colpa e ai risentimenti. Quando siamo invece nella coscienza divina va tutto bene, tutto è benedetto e accolto, niente ci turba.
Ma è proprio indispensabile recarsi nei luoghi benedetti dai santi per trovare quella coscienza? Non credo sia necessario, e la natura, ad esempio, può essere di grande ispirazione, ma a volte anche il più bel paesaggio, il mare, le montagne più spettacolari, sebbene siano un aiuto, possono non far vibrare le corde più profonde del nostro essere, mentre un posto senza particolari note estetiche può aiutarci a produrre l’incanto. A volte basta un suono, un odore, un colore, un’ombra e tutto diventa vivo per lo spirito. Forse è perché in certi momenti siamo più rilassati, più in ascolto, più aperti. È possibile che alcuni luoghi emanino vibrazioni che la nostra anima riconosce, ma probabilmente per ognuno di noi funziona qualcosa di diverso.
Nella mia esperienza, ho notato che, a volte, i momenti di grazia che ho vissuto sono capitati anche in posti molto comuni. Ricordo che molti anni fa mi trovavo ospite di amici nella loro casa in campagna. Al mattino, dopo che loro erano usciti per recarsi al lavoro, ho meditato e poi ho cominciato a passeggiare nel giardino e lungo la strada sterrata davanti alla casa, in perfetta solitudine. All’improvviso percepii tutto, la natura, gli alberi e perfino i sassolini lungo la via, come un riflesso di me stessa, tutto faceva parte del mio Sé espanso. Ero estatica. Ero nella dimensione che da sempre mi apparteneva, ero nella mia vera casa. Mentre l’intensità di questo meraviglioso momento stava attenuandosi, realizzai di essere una donna sola, su una strada poco frequentata, davanti a una casa non abitata e ricordai il racconto spaventoso di come si era svolta una recente rapina nei dintorni. Tutto l’incanto si dissolse brutalmente di fronte alla preoccupazione che questi pensieri avevano generato.
Quello che ho imparato da questa esperienza è che finché le paure sono protagoniste nel teatro della nostra vita, questi momenti di beatitudine saranno rari e non dureranno. Ogni volta che una preoccupazione offusca la pace, ogni volta che una irritazione o uno scatto di rabbia prendono il sopravvento, siamo preda di Maya. L’ansia, più di ogni altra cosa, mette uno spesso velo tra noi e il divino che è dentro e attorno a noi, e trasforma la percezione vibrante, colorata e multidimensionale del cuore nella piatta monocromatica bidimensionalità dell’intelletto.
Spesso, al di fuori dei momenti particolarmente difficili e stressanti, neppure ci accorgiamo di averla, ma l’ansia è presente nel sottofondo della nostra coscienza ordinaria, mina la nostra pace e sottilmente erode la nostra capacità di sperimentare la vera gioia. Solo quando la tensione se ne va, magari anche per brevi attimi, scopriamo quanto ogni momento possa essere magico e perfetto e che possiamo vivere la bellezza e la sacralità della vita da una dimensione più profonda.
Il mondo di Maya è sempre insicuro e pieno di sorprese, nonostante tutti i nostri tentativi di controllare il corso della nostra vita e di dirigerlo dove pensiamo di trovare la felicità. Quando riusciamo ad affidarci fiduciosamente ad una Realtà più alta e a rimanere centrati, a vedere con distacco, dall’alto, tutti gli avvenimenti che ci accadono, quando al di sotto di ogni pena continua a scorrere il fiume tranquillo della calma e della gioia, siamo al sicuro nella fortezza del nostro Sé. Anche se ho imparato la verità, noto che dentro di me c’è un ego ancora forte, una parte che crede che Maya sia la vera realtà, che le sue commedie, i suoi drammi, le sofferenze, il dolore siano la vita vera. Questa parte di me è ancora intrappolata nell’illusione. C’è un’altra parte che sta crescendo, lentamente ma sempre con maggiore forza. È l’anima che ha conquistato un suo spazio nella mia consapevolezza, l’anima che conosce la sua vera casa e che sa che, qualunque cosa succeda in questo piano materiale, nella mia essenza sono sempre protetta e costantemente immersa in una beatitudine inesauribile.
Il sentiero spirituale si gioca tutto tra queste due parti e la nostra crescita è misurata da quanto l’illusione ha ancora presa su di noi, con le sue apparenti sconfitte e le sue false vittorie. Il testo di un canto di Swami Kriyananda ci fa riflettere su questo tema. Si intitola Home is a green hill e dice:
home is my heart’s land
home’s where I am….
Home’s a heart that is hole….
When I’m silent, freed from all care,
I discover my home’s everywhere
Ci vuole dunque il silenzio e l’essere liberi dai pesi delle preoccupazioni, dai buchi che l’ansia genera nel nostro cuore, per poter ritornare nel regno dell’anima. La meditazione è la chiave verso la libertà da Maya, perché ci aiuta ad entrare dentro di noi, a trovare nel silenzio che c’è al di là del frastuono del mondo, la strada che ci conduce alla nostra vera dimora che eternamente ci appartiene. Quando invece la nostra energia è diretta verso l’esterno siamo catturati dalla dualità e dai suoi allettamenti ingannevoli. A mano a mano che ci avventuriamo nel regno divino e ne esploriamo la vastità e meraviglia, cresciamo nella consapevolezza della sua realtà ed accessibilità, finché non riusciamo a dimorarvi stabilmente.
I pellegrinaggi aiutano, le vibrazioni che ivi hanno lasciato i santi ed i Maestri possono trasformarci, ma solo se abbiamo imparato ad aprirci a queste dimensioni più sottili. È la costante pratica della meditazione che ci insegna come farlo.