A cosa serve meditare? Ad avere una direzione che dà senso a tutta la vita, che dà ordine a tutte le circostanze, oltre la gioia e il dolore.
di Pandava
“La spiritualità è l’affermarsi di una verità per ciò che realmente è” scrive Swami Kriyananda. 1 La sua percezione si basa su leggi naturali che dirimono i dilemmi che aggrovigliano la mente.
Le azioni seguono il loro flusso, indipendentemente dai nostri desideri. Spiritualità è allora lo scorrere senza la continua ricerca di uno scopo, momento per momento, proiettati verso una meta certa in cui convergono tutte le nostre aspirazioni. Uno spazio sconfinato libero dalle contrizioni delle abitudini a cui siamo incatenati. Il vivere per ciò che sappiamo essere giusto, mitigando con il buonsenso, senza prendere in considerazione dubbi, incertezze, paure e altre asperità.
Lasciare che il fiume della vita trovi il modo di scavalcare o adattarsi a quel che viene considerato un ostacolo. Poiché gli ostacoli spesso rivelano inamovibilità di un carattere da smussare. Volendo crescere si dovrebbe osservare tutti i “no”, i “ma” e le altre dighe che ci impediscono di vivere come vorremmo. Di divenire ciò che aspiriamo essere. Ascoltare l’anelito di una guida chiara ogni qualvolta la sentiamo.
La vita ci scorre spesso attorno, chiedendoci di divenirne parte, di lasciarci immergere nel suo fluire. A volte è necessario chiudere gli occhi e ascoltarci per scacciare le affermazioni superficiali, per scendere ad un livello più profondo e capire. Un primo passo verso l’intuizione è assecondare un agire che sappiamo essere insolito, altro, rispetto alla nostra routine, imbarcarsi verso nuove acque, più aperte e, per certi versi, minacciose.
Questo non significa provare tutto: come alcol, droghe o attività pericolose per la nostra incolumità fisica e mentale. “Come l’oceano calmo e traboccante non viene cambiato dalle acque che vi affluiscono – è pieno di pace chi assorbe dentro tutti i desideri, non chi è avido di desideri” si legge nella Baghavad Gita. 2
Le sensazioni forti sono miraggi scagliati negli occhi quando cerchiamo di aprirli. Reazioni di un ego che preferisce muoversi su un territorio a lui conosciuto, per quanto doloroso, piuttosto che accettare di inoltrarsi in terreni inesplorati e fecondi di nuove opportunità.
Superato questo primo inganno si apre la via a una ricerca diversa, lontana dalle leggi conosciute. Una ricerca basata sull’osservazione interiore con cui raggranellare delle risposte giorno per giorno. Pian piano i piccoli sprazzi di comprensione si aggregano assumendo sempre più un corpo unico e solido su cui poggiare par passare al gradino successivo. Una crescita costante che, come spiega il Maestro Paramhansa Yogananda, non termina mai, va avanti all’infinito.
Il collante di tutti questi scampoli d’intuizione è LA MEDITAZIONE. Lo sforzo di realizzare ed esprimere la coscienza pura, secondo una sua definizione. La meditazione ci permette di avvicinarci all’eternità attraverso il solo punto di congiunzione del nostro corpo con il piano spirituale, l’anima, che è l’immagine di Dio in noi.
La semplicità è la chiave di volta. Una vita semplice basata sulla costante ricerca di perfezionamento delle nostre abitudini, attraverso il giusto modo di vivere, il giusto modo di pensare e la meditazione. Creare quindi nuove abitudini spirituali, abbandonando le vecchie, e agire basandosi sulle lezioni apprese attraverso la pratica dell’introspezione (vedi l’art: https://www.joytimes.it/cielo/vedere-un-disegno-piu-grande-la-chiave-per-vivere-il-presente/) unita al buon senso.
Un’altra definizione della meditazione data dal Maestro Yogananda è: “morire al mondo senza morire”. Alla base di questa descrizione vi è la visione della realtà materiale come mondo di sogno. Difatti, ogni notte, la coscienza lascia il corpo per ricordarci come il corpo e il mondo fisico siano solo illusioni. Se la materia non fosse un sogno non potremmo liberarci da essa neppure nel sonno.
Lo scopo principale della meditazione è liberarci dalla convinzione che siamo questo corpo. Essa ci permette di entrare nel mondo più sottile della supercoscienza godendo della beatitudine dell’anima. Per fare questo va compiuto uno sforzo, tale sforzo è la meditazione. Questo fin quando non riusciremo ad essere calmi ed equanimi in ogni circostanza, senza soffermarci sui piaceri o venire turbati dal dolore, mantenendo un costante contatto con Dio nell’azione come nell’inazione.
In tal senso, nella Bhagavad Gita Krishna fornisce una descrizione di chi ha raggiunto un tale stato. “La persona che avendo rinunciato a tutti i desideri, vive senza brame e non s’identifica con l’ego mortale, e il suo senso di “mio”, realizza la pace” 3 . Il II capitolo termina quindi con una rassicurazione che affranca il devoto da ogni dubbio o paura: “Questo è lo stato di chi è stabilito in Brahman (Dio). Chi vi entra non cade più nell’illusione”4.
Questa, è per me la più importante promessa sulle quali poggiare tutti gli sforzi ogni qual volta la volontà comincia a traballare. La certezza di una libertà senza più possibili ricadute nella pace e nella beatitudine dell’eterna unione in Dio.
Note:
1- Il libro “Dio è per tutti” (Yogananda edizioni), scritto da Swami è in realtà come afferma lui stesso nella prefazione la riscrittura della “Scienza della religione”, un libro basato su un’idea del Maestro ma scritto da un suo discepolo Dio è per tutti – Swami Kriyananda – Ananda Edizioni – libro su religione, fede, coscienza divina
2- Bhagavad Gita II, 70
3- Bhagavad Gita II, 71
4- Bhagavad Gita II, 72
Puoi leggere la Bhagavad Gita nell’interpretazione di Yogananda, riportata da Kriyananda, disponibile anche in e-book L’essenza della Bhagavad Gita (e-book) – Swami Kriyananda – Ananda Edizioni – e-book di interpretazioni ispirate sul significato Bhagavad Gita