Con la tecnica delle Affermazioni di Yogananda possiamo tracciare una nuova strada che dalla mente si riversa nella nostra realtà: provare per credere.
di Shraddha Giulia Calligaro
All’inizio lo facevo quasi un po’ per gioco: scrivere delle frasi positive, come propositi per i progetti che volevo realizzare. Impaziente, cercavo di spingere avanti i passi che avrei voluto facesse la vita. Mi divertivo ad appendere i bigliettini colorati allo specchio, allo schermo del computer, sulla porta del frigo, sul guanciale. Incredibilmente, spesso funzionavano. Soprattutto quando con i pensieri non mettevo incertezze, cioè non lavoravo nella direzione opposta. E soprattutto per piccole che cose che erano uscite completamente libere, come semi messi nella terra, di cui non controllavo troppo la crescita.
Yogananda, avrei scoperto poi, del lavoro con le affermazioni ha fatto un metodo scientifico e ce ne ha fatto dono. Si tratta, infatti, di magnetizzare tutta la nostra energia in una direzione, di attrarre al centro tutti quei rivoli, tutte le “vritti”, che disperdono le nostre forze in elucubrazioni, emozioni e dubbi, e tracciare una strada diretta verso un passo in cui vengono organizzati insieme corpo, mente, anima. Ci ha spiegato che fare uso delle affermazioni in questo modo, significa riappropriarci del nostro potere di essere anche creatori, non solo pezzi del creato: quindi, della nostra natura divina.
Le sue Affermazioni scientifiche per l’autoguarigione sono potentissime, e potentissime sono le Affermazioni per l’autiguarigione di Swami Kriyananda. Ricordo un tempo di molti anni fa, ero all’inizio del cammino sul sentiero di Ananda e della Realizzazione del Sé, tenevo sempre con me il libretto con la copertina fiorita di Swami. Dovevo guarire di quello che mi pareva un grande torto che avevo subito, un dolore che non andava né su, né giù. Ho fatto il proposito di leggere più volte al giorno la pagina sul Perdono, di ripetere con concentrazione fino a imprimerla dentro le mie cellule la sua affermazione e la preghiera. Ogni volta che rileggevo le parole “Quando perdoniamo coloro che cercano di ferirci, li priviamo del potere di farci del male” finivo con il piangere.
Ma c’era sempre meno la persona a cui attribuivo il torto in quelle parole ripetute, iniziavo a cercare la lezione che voleva arrivare a me, il pensiero e le parole indigeste che dovevo trascendere, non per avere ragione nel mondo, ma per fare un passo ulteriore verso la libertà. Finché una notte è successa una cosa straordinaria: ho riletto le pagine, e ho sentito una fioritura nel cuore. A fatica riuscivo ad aspettare il mattino per comunicare a tante persone, anche solo con un saluto, che finalmente si era sciolto tutto, che avevo visto la fratellanza che spesso hanno con noi le anime che devono farci attraversare le sfide più dure, per aiutarci a superare i blocchi in cui la vita non scorre libera, e si impiglia.
Procedendo con il cammino spirituale, mi è capitato, in alcuni istanti di grazia, di prendere le distanze dallo schermo dei pensieri, di vedere i tasselli opachi che, rimasti incastrati nella mia storia per ragioni che si perdono probabilmente nei tempi, hanno continuato a condizionare, nell’inconsapevolezza, la mia vita. Parole che, arrivate per caso in un momento di sensibilità, non ho fatto fluire, ma ho trattenuto, permettendo loro di manifestare la mia realtà. A volte, quando penso a questa trappola che mi sono tesa da sola, mi prende quasi una fretta al contrario, e il desiderio di riavere indietro tutto quello che ho lasciato guidare a quelle calamite che hanno fatto casa dentro di me, ma non si può.
Quello che però posso fare è fare tesoro della lezione e dell’esperienza delle parole che Yogananda ci ha lasciato: “Se vuoi cambiare la tua vita, cambia il tuo modo di pensare”. E le affermazioni sono una tecnica perfetta per incidere un nuova melodia dentro ai nostri ingranaggi, e risintonizzare il nostro cammino in Terra con la missione della nostra anima.
Grazie, Maestro.